lunedì 29 ottobre 2007

FISICA IN MOTO NEWS

Ciao a tutti,

il laboratorio è quasi pronto per iniziare i primi test con gli studenti e i professori che ci serviranno per realizzare le schede didattiche dei macchinari e stabilire i tempi necessari a svolgere gli esperimenti.


La scorsa settimana abbiamo lavorato su vari fronti.

Innanzitutto abbiamo preparato un filmato di presentazione del laboratorio che verrà presentato alla Fiera Internazionale del Motociclo a Milano e che potrete vedere presto in anteprima sul blog.
Per quanto riguarda i macchinari abbiamo stabilito delle modifiche sulle sedie del terzo principio e sulla macchina di Flechter con la ditta Leonardo e abbiamo posizionato il modello campione della pista centripeta.


Mercoledì scorso inoltre Mirko Balestrazzi di COBI ha istallato la ruota anteriore modificata sulla moto giroscopica: il macchinario funziona e già di questo siamo entusiasti, ma vorremmo evidenziare maggiormente l’effetto del momento giroscopico, in modo da rendere il risultato sbalorditivo.

Ci stiamo lavorando….


lunedì 22 ottobre 2007

E' IL MOMENTO!

"E' il momento" è la prima postazione che visiterete all'interno della Sala 1 del laboratorio didattico Fisica in Moto.

Riportiamo qui di seguito la scheda didattica di utilizzo del macchinario ed alcune immagini.

Questa postazione è stata realizzata grazie al supporto dell'officina Ducati ed in particolare all'ausilio di Enzo Capucci e Fulvio Abbondi.

Concetti fisici trattati
forza, momento
Elementi della postazione
Braccio di ferro, basetta filettata, tester di coppia, chiavi, viti




Fase I
Avvita una vite sulla basetta filettata utilizzando la chiave adatta ed in un secondo momento esegui il serraggio utilizzando una chiave più lunga. Prova infine a serrare la vite al massimo utilizzando il tubo per prolungare la chiave.



Utilizza il torsiometro elettronico per misurare le coppie di serraggio che riesci ad ottenere con le chiavi di diversa lunghezza.





Fase II
Sfida un tuo compagno al braccio di ferro.
Disponetevi ciascuno davanti ad una delle due leve del braccio di ferro. Inizialmente impugnate entrambi con una mano la manopola esterna e provate a tirare contemporaneamente per vedere chi è più forte. Il vincitore può rilanciare la sfida dopo essersi spostato sulla manopola interna, mentre lo sfidante continua ad impugnare quella esterna.





Si può infine eseguire la prova inclinando una delle due leve di 45°.





Cosa osservare

Fase I
La forza che una persona può esercitare con il proprio braccio rimane costante, ma l’azione di serraggio sulla vite cambia al variare della lunghezza della chiave utilizzata. Infatti con un’opportuna lunghezza della chiave si può arrivare perfino a spezzare la vite dentro la basetta, cosa che con una chiave corta sarebbe praticamente impossibile.
Questo esperimento mostra una grandezza diversa dalla forza, che tiene conto del punto in cui la forza viene applicata: tale grandezza è il momento.





Fase II
Il vincitore della prova con manopole poste ad uguale distanza, si trova molto svantaggiato spostandosi verso il centro. Si nota dunque che per mettere in rotazione il braccio di ferro non conta solo la forza che si applica ma anche la distanza a cui la forza è applicata. Inclinando il braccio si mette inoltre in evidenza che non conta la lunghezza della leva, ma la distanza della retta di applicazione della forza dall’asse di rotazione.


mercoledì 17 ottobre 2007

MINORANZA PROFETICA: L'AUGURIO DEL PROF. STEFANO ZAMAGNI ALLA FISICA IN MOTO

Riportiamo questo intervento del professor Zamagni, professore ordinario di Economia Politica all'Università di Bologna, in cui parla del progetto Fisica in Moto come una “minoranza profetica” che apre la strada verso una nuova forma di responsabilità sociale dell'impresa.

Minoranza perchè unico, profetico perchè anticipa quello che dovrà avvenire.




"Dunque premesso che non ho titolo per parlare io del progetto dato che non sono io un ingegnere, non avendo quindi conoscenze ingegneristiche, le cose che andrò a dire sono riferite al modello di organizzazione e di educazione che questo progetto di cui lei mi parla mette in evidenza.

Un antefatto è necessario, l’università nasce nel mondo, come oggi la conosciamo a Bologna nel 1098 e per i primi secoli di vita il rapporto tra l’università e la società civile era stato fortissimo ed è esattamente in questo contesto che si sviluppa il cosidetto modello “leonardesco”: il suo è il rapporto simbiotico tra gli studiosi dell’università e l’equivalente di allora dell’impresa, gli artigiani. Le cose cambiano a partire dalla fine del ‘500 quando si afferma una dicotomia tra Università e Accademia e quindi si realizza una separazione in base alla quale l’Università deve astrarre dalla realtà circostante. Questa tendenza verrà poi ulteriormente intensificata, per quanto riguarda noi italiani, nell’epoca napoleonica, perché quando Napoleone arriva a Bologna cambia la struttura di governance dell’Ateneo di Bologna. Ad esempio l’Università che era allora era sotto lo Stato Pontificio ammetteva alle donne arrivare ai più alti livelli, c’erano 4 donne che avevano la cattedra, Laura Bassi era la più famosa, mentre con Napoleone le donne vennero escluse e ci vorranno oltre 120 - 130 anni prima che una donna arrivi alla cattedra.
Tutto questo in nome dell’idea secondo cui l’Università non doveva mischiarsi con la operatività, soprattutto doveva guardarsi dal mondo dell’impresa perché il mondo dell’impresa si diceva avesse un valore contaminante. Questo era il modello humboltiano nell’ottocento teorizzato da Humbolt di Berlino che ha finito con l’esercitare una dominanza nell’Europa continentale, non in Inghilterra, fino agli anni ’60. E’ esattamente un modello di separazione, gli universitari, gli studiosi devono stare nei laboratori, poi una volta che avranno prodotto la conoscenza potranno metterla a disposizione degli altri. Ma il mondo dell’impresa non è in grado di dialogare con l’Università.
A partire dagli anni ’60, ma in Italia da un decennio dopo, le cose sono gradatamente cambiate, non dico che ancora oggi nel mondo universitario non ci siano quelli che la pensano così, sono coloro i quali dicono l’università non deve dialogare con l’impresa, perché appunto l’impresa è contaminante, la paura dei soldi, l’impresa paga e costringe l’Università a fare quello che lei vuole. Ma oggi questi sono una minoranza esigua, finalmente ci stiamo rendendo conto che siamo entrati in una nuova stagione che, paradossalmente, ci riporta all’antico, stiamo tornando allo spirito originario dell’Università, dove l’Università non è una torre eburnea messa in cima al colle, ma è parte vitale, è il motore della società civile, ma se è un motore cosa vuole dire che deve essere collegato, come il motore delle macchine, per l’appunto, alle altre parti . Ecco perché anche in Italia, e a Bologna in particolare da una decina d’anni, questi temi si stanno diffondendo. E l’idea è sostanzialmente che la nuova conoscenza è frutto di un nuovo processo bidirezionale, dall’Università alle imprese e dalle imprese all’Università, cioè anche le imprese possono fornire elementi conoscitivi anche se in forme diverse ed in proporzioni diverse.

Allora qual è il punto d’ora in avanti? Il punto è duplice:
I) Bisogna che questa novità la capiscano sia gli uni che gli altri, sia gli universitari ma sia gli imprenditori. Per fortuna a Bologna abbiamo imprenditori illuminati, nel senso “leonardesco” del termine, e quindi imprenditori che capiscono questi discorsi, ma bisogna dire che non sono la maggioranza, sono appunto una minoranza. E la stessa cosa, io per onestà devo dire, è il mondo universitario, non tutti i professori ragionano così, ma non dobbiamo scoraggiarci, dobbiamo avere pazienza, dobbiamo essere rispettosi però portare avanti questo approccio
II) Cosa vuol dire concretamente questo? Che le imprese devono farsi carico, in maniera proporzionale alla propria dimensione, alla novità che questo modello sta imponendo, e quindi devono farsi carico di tutto ciò che questo comporta, sia in termini di disponibilità finanziarie, sia in termini di risorse umane. Al tempo stesso l’Università deve cambiare il modello di governance, e qui le difficoltà sono più grosse. Quello che io ho già detto quattro o cinque anni fa, allora mi derisero, oggi non più, dissi: “Le università devono diventare delle Fondazioni di diritto privato”. E la cosa interessante è che il Ministro Fioroni non più tardi di una settimana fa (del 17 gennaio n.d.r.) ha detto che le scuole superiori devono adottare il modello della fondazione, quindi vuol dire che quando le idee vengono lanciate generano il loro frutto. Se una scuola superiore deve adottare il modello di una fondazione a maggior ragione deve farlo l’Università, perché altrimenti con la struttura attuale i rapporti tra l’Università ed il mondo dell’Impresa sono ancora resi molto difficoltosi. Il rapporto tra Università ed l’Ente Pubblico, come il Comune, la Provincia, la Regione sono facili, perché pubblico con pubblico. Ma quando l’Università deve collegarsi col settore del privato, del civile ecco nascono le difficoltà.

Ecco allora in conclusione: l’Università deve spingere per andare verso il modello fondazionale di diritto privato, le imprese e gli imprenditori devono capire la novità di cui ho detto e, secondo, farsene carico, non possono comportarsi da free riders, chi si avvale senza contributi. Questa era la vecchia mentalità degli imprenditori con cui io sempre parlo, che dicono che alla scuola e all’Università ci deve pensare lo Stato. Allora io a loro dico che sono degli irresponsabili, perché se voi date tutto sulle mani dello Stato non dovete poi lamentarvi dello statalismo. Perché comodo lamentarsi dello statalismo però ricevere i benefici di Stato. Se vogliamo essere seri e coerenti dobbiamo capire che per superare lo statalismo bisogna che la società civile organizzata si rimbocchi le mani e si assuma le sue responsabilità. Che non è solo quello di dare soldi ma di mettere a disposizione il know-how ed il capitale umano.

A me sembra in conclusione che il progetto che è stato avviato dalla Ducati vada in questa direzione, in questo senso è un progetto pilota, ed è un progetto la cui natura è della “minoranza profetica”. Nella teoria economica e dell’organizzazione noi chiamiamo “minoranze profetiche” quei soggetti dell’economia che perseguono una strategia pur sapendo che essa non è conveniente nell’immediato. Ecco perché si chiama profetica perché anticipano quello che deve avvenire. Ecco perché il mio augurio, o la mia sollecitazione, è che la Ducati voglia mantenere, nonostante le difficoltà, la sua adesione a questa logica da minoranza profetica e quindi di non lasciarsi scoraggiare, di perseverare. Perché se questa, come io sono certo, avrà successo trascinerà, come sempre hanno fatto i profeti in ogni epoca, tutti gli altri. Questo è l’augurio che io voglio riservarle".

martedì 9 ottobre 2007

COLPITI DALLA BELLEZZA

Riguardando le fotografie che ritraggono l’area interna a Ducati (occupata per anni prima dalla mensa, poi dal bar e poi dismessa) dove ora sorge la Fisica in Moto, siamo rimasti colpiti dalla forza, dalla creatività, dalla capacità di trasformare la realtà che ha il lavoro dell’uomo.

Le foto riferite a Marzo 2007 (solamente 7 mesi fa!), a confronto con quelle odierne fanno immediatamente risaltare agli occhi una cosa: noi uomini siamo fatti per la bellezza.
È il desiderio di questa bellezza che ci ha condotti lungo tutto l’evolversi del progetto ed è sorprendente scoprire che il lavoro dell’uomo collabora al suo svelarsi.

Marzo 2007

Settembre 2007

Marzo 2007
Settembre 2007

Marzo 2007

Settembre 2007

martedì 2 ottobre 2007

MACCHINA DI FLETCHER



La Macchina di Fletcher serve a studiare il secondo principio della dinamica, cioè la proporzionalità diretta tra la forza applicata ad un punto materiale e l'accelerazione che si ottiene.
Il macchinario è costituito da un cursore, su cui possono essere posti modellini di moto di peso diverso, che trasla con attrito molto basso sopra una guida rettilinea.




La rotaia, lunga 2,2 metri, è composta da un unico pezzo di alluminio estruso, con un profilo studiato appositamente per avere la superficie di scorrimento dei carrelli esente da curvature, così da garantire misure accurate e precise.
Il carrello è composto da un corpo di policarbonato che presenta, nella faccia inferiore, due assali forniti di ruote piccole e leggere, in modo da avere momenti di inerzia trascurabili, montate su cuscinetti a sfera di precisione al fine di minimizzare gli attriti.



Ogni rotaia è corredata di pulegge a basso attrito e basso momento di inerzia che, grazie ad una cordicella, collegano il cursore ad un peso noto: quando il peso viene lasciato cadere, esso trascina il cursore applicando una forza costante.
Ogni rotaia è dotata di un’elettrocalamita di sgancio dei carrelli comandata da un pulsante a fungo che dà il via ai tre possibili esperimenti.




Il primo esperimento è qualitativo e si divide in due parti (la gara):
a) due pesi diversi trascinano due moto uguali
b) due pesi uguali trascinano moto diverse (una più pesante dell’altra).
In questo modo si fa notare che forze diverse producono sullo stesso oggetto effetti diversi e che una stessa forza produce effetti diversi su oggetti differenti.






Il secondo esperimento serve per studiare il tipo di moto utilizzando la fotografia stroboscopica.

Su una motocicletta viene montato un “micromarmug” azionato da una pila stilo posta all’interno della moto. Si effettua una fotografia che viene immediatamente proiettata su uno schermo 32" e stampata su carta millimetrata. L'immagine ottenuta può essere analizzata mostrando le caratteristiche del moto uniformemente accelerato.







Il terzo esperimento: la relazione fra forza e accelerazione


Su una moto vengono posti due passeggeri e due valige, dopo aver verificato col dinamometro che i passeggeri hanno lo stesso peso e che le valige hanno ciascuna un peso che è la metà di quello dei passeggeri.
Si procede alla misura di a.
Il pulsante di start è collegato ad un cronometro che viene azionato nel momento in cui l’elettrocalamita viene disinserita. Un schermo 32" mostra lo scorrere del tempo: una fotocellula posta in un punto del percorso che precede la frenata arresta il cronometro e sullo schermo appare il tempo che la moto ha impiegato per percorrere uno spostamento noto. Viene quindi visualizzato il valore dell’accelerazione calcolato mediante la formula a=2S/t^2.
Fatto ciò si sposta una valigia dalla moto al motore trainante e si ripete la misura. Si procede così fino ad aver spostato tutte le valige ed i passeggeri dalla moto al motore.
Sullo schermo a parete sono disegnati due assi cartesiani F/a. Sull’asse F sono riportati i valori dei pesi trainanti (motore, motore + valigia, motore + 2 valige, ecc..) precedentemente misurati col dinamometro. Sull’asse a vengono riportati i valori delle accelerazioni letti sul display.
Si ottiene così una retta che indica la proporzionalità diretta tra forza e accelerazione e si definisce la massa inerziale.


Argomenti trattati:
- Primo principio della dinamica
- Secondo principio della dinamica
- Concetto di Massa Inerziale

Conoscenze richieste
- Definizioni delle grandezze cinematiche:
Spostamento – Tempo – Velocità media – Velocità istantanea – Accelerazione media.
- Elaborazione di una equazione di primo grado in una incognita.
- Costruzione di un grafico ed interpretazione del significato della curva risultante (proporzionalità diretta).